Per il ciclo di conferenze sulle province sabaude di Antico Regime
organizzate dagli Amici dell’Archivio di Stato di Torino,
mercoledì 17 maggio 2017, ore 16,45
sala conferenze dell’Archivio di Stato di Torino (ingresso da piazzetta Mollino 1, accanto al Teatro Regio)
In dialogo con Donatella Balani sul tema
“Torino e la sua provincia nel Settecento. Conoscere per governare: la città capitale e il territorio”
e Visita alle sale dei Regi Archivi alla scoperta di alcuni antichi documenti esposti solo per l’occasione
Torino nel Settecento era la capitale degli stati sabaudi, e dunque sede della corte e delle istituzioni centrali di governo del paese, ma era anche il capoluogo della provincia più popolata e tra le più estese del Piemonte.
Tra la metà del Seicento e la seconda metà del Settecento Torino era cresciuta in dimensioni, popolazione e importanza, diventando la degna sede di una monarchia che voleva contare sempre di più in Europa. La crescita di Torino era avvenuta sfruttando le risorse materiali e umane fornite anzitutto dal territorio provinciale, che era stato profondamente trasformato dalle esigenze politiche, economiche e rappresentative della dinastia.
Intorno alla città murata e ai suoi borghi si estendeva il contado, amministrato della municipalità. Sulla collina di Torino erano sorte le vigne e le case di villeggiatura dei torinesi nobili e ricchi. Nel restante territorio prevalevano le comunità con meno di mille anime ed i villaggi. Intorno alla città i Savoia avevano fatto costruire fastose dimore, per la caccia e le feste della famiglia ducale e della corte, emulando il prestigio le famiglie regnanti d’Europa. Le residenze extraurbane erano anche centri di produzione di derrate alimentari e di manufatti, che affluivano alla città attraverso una rete di strade che solcavano a raggiera la campagna torinese.
Torino aveva soffocato il Piemonte? Certamente il rapido sviluppo della città era stato in larga misura determinato da una massiccia immigrazione a corto e a medio raggio, definitiva o stagionale, che aveva impoverito altri centri cittadini, privandoli del fior fiore della nobiltà e di un attivo ceto medio, fatto di professionisti, mercanti, artigiani; ma l’attrazione esercitata dalla capitale avrebbe anche avuto ricadute positive sulla folla di uomini e donne provenienti dalle montagne e dalle aree rurali, che avrebbero trovato a Torino opportunità di lavoro e di promozione sociale.