Descrizione
Il volume raccoglie tutta l’opera poetica e una scelta di pagine di prosa di Pinin Pacòt (Torino, 20 febbraio 1899 – Castello d’Annone (Asti), 16 dicembre 1964): “Testimone sensibile del suo tempo – scrive Riccardo Massano – volto con strenua tensione alla ricerca di una ‘poesia pura’, Pacòt si impegna tutto ed esclusivamente nella direzione della lirica […]. Scelta dettata da una coscienza critica vivissima: e con ciò rompe del tutto con la poesia in vernacolo, in un essor che solo con Nino Costa, e in rari momenti, aveva conosciuto qualche precorrimento”.
Negli anni dopo la Prima guerra mondiale, in un clima di decadenza e di progressivo abbandono del piemontese, raccoglie attorno alla rivista “Ij Brandé” (1927) le forze nuove per ripensare un programma di seri studi storico-filologici, come base di rinnovamento e rinascita della poesia e della lingua piemontese sentita e vissuta con coscienza critica e impegno artistico. Con Andrea Viglongo elabora anche i principi per la codificazione della grafia piemontese. Vicino al movimento dei Félibres di Mistral, a Crissolo, nell’agosto del 1961, fonda con alcuni poeti piemontesi e provenzali “L’Escolo dόu Po”, premessa per il risveglio della cultura provenzale nelle vallate del Piemonte. La sua opera poetica è raccolta in questo volume e presenta per la prima volta una scelta delle sue pagine di prosa, tutte sparse su riviste e giornali. Pubblicato in prima edizione nel 1967, a cura di Renzo Gandolfo, per iniziativa della Companìa dij Brandé, con il concorso dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino e sotto gli auspici della Famija Turinèisa e della Famija Piemontèisa di Roma, con la Prefazione di Gustavo Buratti, poi in edizioni successive, dal Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, a cura di Renzo Gandolfo e Albina Malerba, con l’aggiunta quasi a postfazione del saggio di Riccardo Massano, Pinin Pacòt artista e poeta.
In Pinin Pacòt “Poesia” e “Piemonte”, costituiscono un nesso inscindibile ed “una sintesi nel suo cuore, che noi sappiamo battere – scrive Gustavo Buratti nella Prefazione al volume – finché vi sarà qualcuno, anche uno solo (ma quel giorno, grazie a Dio, è lontano) che parlerà piemontese e che la lingua materna vorrà scrivere per donarle amore e poesia”.